Avevo letto questo libro molto prima di avere un blog. Incredibilmente, almeno per chi mi segue da un po’, ne divoravo tanti di quel genere, ma Tredici aveva lasciato qualcosa. Gran parte della motivazione dipendeva dalle tematiche e dal fatto che avessi più o meno la stessa età della protagonista, quindi potevo empatizzare con tutte le situazioni in cui si trovava. Il liceo, i compagni di scuola, i problemi e disagi dell’adolescenza, ma anche le situazioni difficili che per quell’età erano un’enorme tragedia in ogni caso. Il mio liceo, però, non era quello di Hannah, erano davvero tutti bravi ragazzi, ciò tuttavia non significava che non ci fossero dell’ostilità nei confronti delle persone che si discostavano dalla massa. Ad ogni modo, Jay Asher aveva colpito nella mia mentalità, nel mio modo di rapportarmi agli altri, anche se con un romanzo all’apparenza semplice e neanche troppo avvincente per chi cerca sempre storie a lieto fine.
La trama è abbastanza semplice da riassumere: il giovane Clay Jensen trova al ritorno da scuola sette audiocassette registrate da Hannah Baker, la ragazza di cui è innamorato e che è morta suicida due settimane prima. In realtà quelle cassette contengono i tredici motivi che hanno spinto la ragazza a compiere il gesto e si trovavano lì perché persino Clay ne faceva parte. Inevitabilmente si tratta di accuse nei confronti di coloro che la circondavano, amici o pseudo-tali che non sono mai stati in grado di andare oltre alle loro stesse azioni per vedere le conseguenze sulla ragazza.
La storia della serie tv ricalca perfettamente quella del romanzo, ampliando in alcuni punti il lavoro di Jay Asher. I personaggi sono molto meglio caratterizzati e, così, anche gli eventi hanno più spazio per essere raccontati. La scelta, che è piaciuta molto anche all’autore del libro, è quanto più azzeccata possibile. Ed è inutile dirvi quanto è facile vedere uno dopo l’altro tutti gli episodi in poco tempo, tanto si è attratti da una serie che funziona davvero.
La mia scena preferita? In realtà non è una sola ma mi sono molto piaciute alcune delle allucinazioni felici che Clay ha di Hannah. Non so se è per la chimica dei due attori o per la loro bravura, però mi piacevano davvero molto insieme. Tra l’altro gran parte delle loro scene erano più solari rispetto al resto e forse era un po’ ovvio che alla fine mi sarebbero piaciute di più.
Parte del cast alla premiere |
Ho già parlato della chimica tra i due protagonisti e davvero ho visto le scintille. Ma è anche bello il rapporto di amicizia che si vede tra Clay/Hannah e Tony, o anche quello tra Clay e Jeff.
Jeff – tra lui e Tony non saprei scegliere il mio preferito! |
Forse contano poco alcuni di questi elementi, eppure in Tredici la fotografia ha un ruolo importantissimo. Con semplici toni diversi ci trasmette l’atmosfera e distingue passato da presente.
I toni caldi di ciò che accade prima del suicidio di Hannah rendono tutto più brillante, più vivo, più felice, nonostante non sempre il clima delle scene è leggero e spensierato. Invece, i toni freddi dominano il presente di Clay, che si ritrova stancamente a rivivere i ricordi della ragazza scoprendo pian piano la verità su ciò che le è accaduto. Non è solo una mera questione di toni diversi ma anche l’uso della macchina, dei dettagli sempre chiari, della luce che a volte viene a mancare quando le azioni degli altri trasformano la vita di Hannah in un inferno. D’altronde quando va via la speranza nell’uomo va via anche la luce che brilla nelle nostre vite. Sembra quasi di vedere Hannah spegnersi lentamente.
Sempre Hannah è la vera “musica” degli episodi. Ci accompagna con la sua voce e i suoi racconti, tra commenti taglienti e dure condanne. Ad un certo punto lo stesso Clay si domanda se Hannah non sia una di quelle che in letteratura definiamo narratrice inaffidabile. Ma è Tony a venirgli incontro dicendo che quello narrato dalla ragazza non è altro se non il suo punto di vista. Ognuno di noi ha una percezione delle cose, una sua visione precisa di come siano andate e quella di Hannah è sua ma anche parte della verità. Non ci sono vere menzogne nel suo racconto, solo le verità che lei conosce e le sensazioni che ha provato vivendo quei momenti.
Una piccola raccomandazione se volete vedere la serie tv: soprattutto negli ultimi episodi trovate molte scene difficili da vedere e digerire. Se non siete pronti ad affrontare temi come la violenza sessuale e il suicidio, non vedetela, non fa per voi. Se siete troppo giovani per farlo, andate avanti. Credo ci voglia una certa forza per osservare certe scene in qualsiasi serie tv, in questa in particolare.
Non trovo, però, sbagliato l’aver inserito questi momenti, piuttosto che accennare solamente ad essi. Non è crudeltà o voglia di scandalizzare, quanto piuttosto una vera denuncia, interpretata magnificamente dagli attori. Quindi, mi raccomando, attenzione a non tuffarvi nella serie senza non essere certi di ciò che vedrete.
Se la storia, invece, vi ha convinti, lasciate ogni dubbio e andate avanti, fino alla fine. Avrete così la possibilità di riflettere, emozionarvi, piangere ed essere felici nello stesso momento. D’altronde anche se questi non sono temi che vi colpiscono in prima persona, è importante capire cosa provano gli altri a volte vittime delle nostre azioni. I messaggi del libro come quelli della serie tv sono fondamentalmente due: consapevolezza delle nostre azioni e supporto di coloro che ci stanno vicini.
Credo che l’interprete di Hannah sia più brava di me a diffondere un messaggio che condivido appieno e che dovrebbe raggiungere ogni persona stia soffrendo per i motivi più disparati.
“Semplicemente parlate con qualcuno perché nel momento in cui iniziate a parlare, tutto diventerà più semplice. E sappiate che c’è una vita oltre quello che provate in quell’istante.” |
“Prometto che migliorerà. C’è un intero futuro di cose incredibili che vi aspetta. E se non andate avanti, finireste per non vederlo” |
Se questa serie fosse un libro, sarebbe certamente da 5 gocce, tutte importanti e speciali a modo loro.
E non dimenticate, Petrichors, non siete mai soli.
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