Benvenuti a tutti!
Il #PPDivRA è arrivato alla sua prima settimana e da oggi inizierà la seconda. Prima di continuare la lettura, però, soffermiamoci un po’ su ciò che abbiamo letto finora. Ogni lunedì per le prossime quattro settimane, infatti, troverete non solo i post riassuntivi della mia favolosa collega Anncleire di Please Another Book, ma anche i miei tentativi (spero riusciti) di approfondimento su Divergent e il mondo di Beatrice/Tris. Come avevo spiegato nel regolamento, oggi parleremo in modo generale di Divergent, della sua ambientazione, una futuristica e distopica Chicago, e, infine, di due delle cinque fazioni in cui è divisa la società, gli Abneganti e i Pacifici.
Molto spesso mi ritrovo a parlare di distopia, di come questo genere sia nato e di quale siano le caratteristiche che ormai hanno preso piede. Se possiamo dire con certezza che il genere distopico risale a pubblicazioni come “1984” di George Orwell (e volendo possiamo andare ancora più indietro nel tempo), il romanzo che ha rivoluzionato il suo percorso in epoca moderna è senza dubbio “Hunger Games”, pubblicato nel 2008. Ed è proprio sull’onda di questo nuovo interesse nelle distopie che nel 2011 esce “Divergent” di Veronica Roth. Il libro è un successo tale da rimanere per ben 11 settimane nella children’s best-seller list del New York Times ed essere pubblicato negli anni successivi in più di 30 lingue diverse.
La Roth immaginava un simile successo? A sentire lei decisamente no! Ed è divertente tornare indietro nel tempo per cercare sul suo blog quel post in cui elencava le cose che avrebbe fatto in caso di un grandissimo successo come quello di J.K. Rowling o S. Meyer. Tra le tante promesse, la più bizzarra è sicuramente quella della piscina riempita di marshmallows, “impresa” che ha portato a termine quasi un mese più tardi quando ha firmato il contratto con la sua agente (e c’è anche il video!). Il primo romanzo che manderà all’agente è un libro diverso da “Divergent”, un manoscritto di cui non ha mai parlato (nonostante le numerose richieste da parte dei fan) e che presto abbandonerà per privilegiare invece il progetto del suo romanzo d’esordio.
Come nasce l’idea di Divergent?
Come molti successi internazionali (anche qui Rowling docet), nasce tutto durante un lungo viaggio in macchina in direzione del college in Minnesota, che frequentava in quel periodo. Veronica era una neo-studentessa di psicologia e con i suoi studi si stava concentrando sul trattamento delle fobie attraverso l’esposizione alle paure. Non sembra dunque strano che la sua attenzione venga catturata da un cartellone pubblicitario che raffigura una persona sul punto di buttarsi giù da un edificio (vi ricorda forse qualcosa?). Partendo insomma dal motivo per cui una persona volesse fare qualcosa del genere (e dalle riflessioni successive) nasce l’idea di Divergent. Anche se adora la letteratura distopica (è una fan della serie Animorphs e di Ender’s Game), non era sicura che quello sarebbe stato il genere giusto per il suo racconto, però ha sempre saputo la fascia di età a cui si sarebbe rivolta (ha affermato di amare più la letteratura young adult di quella per adulti). Inizia quindi a scriverlo durante il periodo del college, ma con un punto di vista completamente diverso, ossia quello di Four. La voce del bel Intrepido, però, non le sembrava giusta e decide di passare ad una narratrice femminile dalla forte volontà come Tris. Come dice lei stessa: “Sapevo che Tris sarebbe stata più affascinante se non fosse stata perfetta. Il suo difetto è diventato la sua mancanza di compassione”. A volte Tris non è neanche un personaggio amabile, ma per la Roth le scelte impopolari della protagonista sono un “strano sacrificio fatto per il bene superiore. Più forte è il personaggio, più imperfetto deve essere”.
Parlando poi della differenza tra utopia e distopia, la Roth ha affermato che “Divergent era il mio mondo utopico. […] Stavo solamente cercando di scrivere di un posto che trovavo interessante, e di un personaggio con una storia attraente, e, quando ho iniziato a costruire il mondo, ho realizzato che era la mia utopia. E allora ho realizzato che la mia utopia era un posto terribile, e che nessuno dovrebbe affidarmi l’incarico di creare una società perfetta.” Secondo lei nessuno ha davvero idea di cosa sia perfetto e chi crede di averla, ne ha una incompleta basata solo sui propri bisogni. “E questo mi dà un sacco di speranza, perché se non so cosa significa l’idea di perfetto, non è qualcosa che posso raggiungere da sola. Ciò significa che posso smettere di tentare di essere perfetta e semplicemente tentare di amare le persone intorno a me e le cose che sto facendo. Ed è abbastanza strano, ma questo è il viaggio di Tris. Ha provato l’altruismo per capire se va bene per lei, e allora ha provato il coraggio, ma alla fine, è ciò che fa per amore che è più importante di qualsiasi altra virtù.”
L’ambientazione
“Decine di anni fa i nostri antenati capirono che le guerre non erano dovute a ideologie politiche, fedi religiose, divisioni di razza o nazionalismi. Scoprirono che l’origine stava nella natura dell’uomo, nella sua inclinazione al male, in qualunque sua forma. Così si divisero in fazioni, per cercare di sradicare quei comportamenti che pensavano fossero la causa del disordine del mondo. Quelli che davano la colpa all’aggressività fondarono la fazione dei Pacifici. Quelli che incolparono l’ignoranza divennero gli Eruditi. Quelli che accusavano l’ipocrisia si chiamarono Candidi. Quelli che condannavano l’egoismo formarono gli Abneganti. E quelli che incolpavano la codardia diventarono gli Intrepidi.”
Cinque fazioni per cinque diversi stili di vita. Come dice la stessa Tris non sono altro che le cinque strade prestabilite, quelle comunemente accettate. Chi è fuori da quei margini stretti, è un Escluso (i Factionless), un esiliato che vive ai margini della società e che conta poco meno di niente. La possibilità di scelta c’è, ma entro certi limiti rigidi, che mirano a garantire una sorta di eguaglianza, in cui ognuno viene comparato al compagno di fazione.
Il lungo percorso verso l’ingresso in una fazione inizia a sedici anni con i cosiddetti “test attitudinali”, una prova che dovrebbe rivelare il tratto dominante presente in ciascun candidato e dovrebbe facilitare la scelta. Una prova per cui non è possibile prepararsi e che può aprire scenari imprevisti, determinando anche la possibilità di avere più tratti dominanti. Dopo i test ci sarà la “Cerimonia della Scelta”, in cui ogni giovane sceglie la propria fazione, una nuova famiglia, a cui si deve una fedeltà a volte maggiore di quella della propria famiglia d’origine (non dimentichiamoci il motto: “La fazione prima del sangue”).
Infine si inizia il percorso di iniziazione all’interno della fazione stessa, che ha modalità diverse in base alla fazione.
Durante la scrittura del romanzo, Veronica Roth non ha mai pensato all’ambientazione come una “versione futuristica e deformata” della sua Chicago. Rileggendo, poi, si è resa subito conto di come molti luoghi tornassero tra realtà e finzione. Il Centro della città è costituito dalla Sears Tower, un “pilastro nero contro l’orizzonte” (molto simile alla struttura odierna di Chicago). Il ritratto di questa città è evidentemente post-apocalittico: c’è la sopraelevata (da cui la Roth ha preso ispirazione per i treni utilizzati dagli Intrepidi), ma le strade sono dissestate per la maggior parte e non sono necessarie le automobili.
Conosceremo presto altri luoghi della città e scopriremo che in realtà sono molti i problemi che si nascondono dietro questa patina “perfetta” ed ordinata, ma concentriamoci ora sulle fazioni.
Qualcuno ha fatto notare che anche la scelta dei nomi è molto particolare. In inglese si tratta infatti di parti diverse del discorso – tre nomi (Candor/Candidi, Amity/Pacifici, Abnegation/Abneganti) e due aggettivi (Dauntless/Intrepidi, Erudite/Eruditi). In risposta la Roth ha detto di essersene accorta solo nel momento della revisione e che ovviamente la scelta è stata fatta in base a ciò che più si avvicinava al manifesto e ai costumi delle singole fazioni, che sono tutti indipendenti tra loro.
Abneganti
ABNEGATION: 1. to refuse or deny oneself (some rights, conveniences, etc.); reject; renounce.
2. to relinquish; give up
Dal manifesto: “Perciò ho scelto di allontanarmi dal mio riflesso, di fare affidamento non su di me, ma sui miei fratelli e le mie sorelle, per proteggere sempre l’esterno (= ciò che è al di fuori di me) fino a quando io scomparirò.”
Si tratta della prima fazione di cui si parla: la “scopriamo” dall’interno, dagli occhi di Beatrice, una ragazza che vuole andare via da quel mondo grigio in cui la parola chiave è altruismo. Gli Abneganti dimenticano sé stessi, per occuparsi degli altri, in un continuo rifiuto dell’egoismo e dell’esaltazione di sé. Non festeggiano i compleanni, perché sarebbe autocompiacimento e per lo stesso motivo è loro concesso di osservarsi in uno specchio solo una volta ogni tre mesi, quando un altro membro della famiglia gli taglierà i capelli.
“I nostri abiti grigi, le pettinature semplici, l’umiltà negli atteggiamenti dovrebbero aiutarmi a dimenticarmi di me stessa, e aiutare anche tutti gli altri a dimenticarsi di me. Invece ora mi hanno trasformata in un bersaglio.”
Gli abiti degli Abneganti sono grigi e molto semplici, quasi dimessi, e le donne hanno spesso i capelli raccolti. L’unico ornamento ammesso è un orologio ed anche questo è strettamente connesso alla loro funzione nella società. Si occupano, infatti, un po’ di tutto e sono i volontari dei test attitudinali e dei lavori pubblici. Ma alcuni di loro hanno incarichi molto importanti all’interno del governo (sono i “governanti altruisti” che forniscono alla società), perché considerati incorruttibili, dal carattere impeccabile, la forte morale e dalle grandi doti da leader. Questo forte “potere” che è racchiuso nelle loro mani attira gli interessi delle altre fazioni e in particolare degli Eruditi, che stanno iniziando una campagna denigratoria nei loro confronti.
Credono che il contatto fisico sia potente e, per questo, persino i baci non sono considerati gesti da condividere in pubblico. Le armi, i cibi complessi (come hamburger e torte), il gossip, il suicidio, l’alcol, l’arte sono tutte cose condannate dalla fazione degli Abneganti, perché nella maggior parte dei casi nascondono atti di egoismo. Il senso di colpa, poi, è considerato uno strumento, che permette all’Abnegante di imparare dai propri errori e rimediare la prossima volta.
La loro iniziazione è molto semplice: ogni iniziato deve prestare servizio sociale per trenta giorni per diventare membro a tutti gli effetti. La cerimonia di iniziazione è altrettanto tranquilla e prevede un breve discorso da parte di uno dei membri più anziani, il lavaggio dei piedi degli iniziati da parte degli stessi membri anziani e infine un pranzo condiviso, in cui ognuno serve la persona alla sua sinistra (un po’ il rituale che seguono durante i pranzi in famiglia).
Tra i membri ricordiamo per nascita Beatrice e Caleb Prior, Susan e Robert Black, Tobias Eaton; per scelta Andrew e Natalie Prior, Marcus Eaton.
Veronica Roth aggiunge su di loro che possiedono cinque delle sette virtù celesti: la castità, la temperanza, la carità, la pazienza e l’umiltà.
Pacifici
AMITY: 1. friendship; peaceful harmony.
2. mutual understanding and a peaceful relationship, especially between nations; peace; accord.
3. cordiality
Dal manifesto: “Perché hai combattuto con il tuo nemico?”
“Perché erano sul punto di farti del male.”
“Amico, perché mi hai difeso?”
“Perché ti voglio bene.”
“Allora sono riconoscente.”
Leggiamo per la prima volta dei Pacifici quando tutti i giovani si trovano in attesa del loro test attitudinale. In “Divergent” appaiono decisamente in secondo piano, pur comparendo più avanti sia nel libro che nella saga. Già dal loro nome capiamo che rifiutano qualsiasi tipo di violenza e che sono gentili, affettuosi, liberi e veloci a dimenticare. La loro principale funzione sociale è quella di fornire “consulenti e assistenti sociali ricchi di umana comprensione” alla società. Passano il loro tempo cantando, suonando e giocando, proprio per questo si tratta molto spesso di artisti. Non rifiutano il contatto fisico e si salutano abbracciandosi. Vestono in modo confortevole di rosso e di giallo, due colori luminosi, ma il loro codice di abbigliamento è meno severo delle altre fazioni. Molto spesso sono in disaccordo con la fazione dei Candidi, perché credono che le bugie, dette in favore di un vivere pacifico, possano essere accettabili (mentre ovviamente i Candidi sono contrari, perché una bugia è sempre da condannare). Il loro rapporto con gli Intrepidi è un po’ più complesso, perché se da una parte non approvano i loro metodi violenti, dall’altra inizieranno a rispettarli, riconoscendo la loro capacità di mantenere la pace. Come ha detto l’autrice: “Non si tratta solo di (suonare il) banjo e del cogliere le mele. Riguarda anche il coltivare forti relazioni e cercare di comprendersi a vicenda”. Di fatto non sappiamo molto sulla loro iniziazione se non che riguarda qualcosa con il cogliere la frutta e il suonare.
Se siete arrivati a leggere fin qui, si vede che non vi ho annoiati a morte con le mie chiacchiere! A parte gli scherzi, spero che vi sia piaciuto questo piccolo viaggio nel mondo di “Divergent”, che sarà spesso più un riassunto di ciò che abbiamo letto finora con il #PPDivRA. Ho cercato di evitare il più possibile eventuali spoilers e ovviamente sono curiosa di sapere le vostre opinioni, riflessioni e perché no, domande sulla montagna di cose che ho scritto. Vi aspetto la prossima settimana, sempre di lunedì, per l’appuntamento con il secondo approfondimento, dove parlerò di Eruditi e Candidi, e vi invito a leggere il riassunto curato dalla mitica Anncleire di Please Another Book con tutti i commenti della prima settimana, che troverete tra poco nel suo blog!
P.s. Le immagini (tranne quella del banner del RA) e le gif non sono state realizzate da me, le ho trovate tutte attraverso tumblr e in particolare sul blog di Dievrgent.