Titolo: Noi
Autore: Evgenij Ivanovič Zamjatin
Traduttore: Alessandro Niero
Lingua: Italiano
Genere: Fantascienza, Distopia, Classico
Casa Editrice: Voland
Goodreads – Amazon
Scritto fra il 1920 e il 1922 il romanzo – considerato come il precursore del più noto 1984 orwelliano – è ambientato nel futuro e descrive un’organizzazione statale che individua nel libero arbitrio la causa dell’infelicità umana e pretende di controllare le vite dei cittadini attraverso un sistema di efficienza e precisione industriale. Una aperta denuncia della soppressione della libertà di pensare e di immaginare dell’essere umano e della conseguente sua riduzione a numero.
LA CASA EDITRICE – VOLAND
La Voland nasce a Roma nel dicembre del 1994 e pubblica i primi 3 libri ad aprile 1995, gli autori sono Tolstoj, Gogol’ ed Emilijan Stanev. Il marcato interesse per le letterature slave è da subito evidente, come dimostra anche il nome scelto, tratto dal romanzo Il maestro e Margherita di Michail Bulgakov. Accanto all’anima slava, la passione per la narrativa di qualità ha reso possibile la scoperta di Amélie Nothomb, la scrittrice di punta della casa editrice, come di altri autori italiani e esteri.
Nel 2010, per festeggiare il suo quindicesimo compleanno, la casa editrice si è rinnovata facendo disegnare appositamente una font che si chiama Voland che da allora viene usato in ogni libro.
Fra le collane Voland oltre alle classiche Intrecci, Amazzoni, Sírin e Confini, anche Supereconomici, Sírin Classica, grandi autori russi tradotti da scrittori italiani, e Finestre, di cui fa parte la serie delle Guide ribelli: Parigi, Barcellona, Roma, Venezia, Firenze, Berlino e, in occasione del centenario della Rivoluzione d’ottobre, l’ultima arrivata, Mosca.
RECENSIONE
«Ciò che state ordendo è una rivoluzione.»
«Sì, una rivoluzione! Cosa c’è di insensato?»
«È insensato perché una rivoluzione non può esserci. Perché la nostra, la nostra rivoluzione è stata l’ultima. E altre non ce ne possono essere! È risaputo.»
«Mio caro: tu sei un matematico. Anzi, di più: sei un filosofo della matematica. E dunque dimmi: qual è l’ultimo numero?»
«Come sarebbe? Non… non capisco: quale ultimo numero?»
«Be’, l’ultimo, l’estremo, il più grande.»
«Ma è una cosa insensata. Dal momento che il numero dei numeri è infinito, come vuoi che faccia a dirti qual è l’ultimo?»
«E io come vuoi che faccia a dirti qual è l’ultima rivoluzione? L’ultima rivoluzione non c’è; le rivoluzioni sono infinite.»
In un futuro super tecnologico la società è gestita e regolata dallo Stato Unico. È lo Stato Unico a dire alle persone cosa fare, chi vedere, come vivere all’interno della Muraglia Verde, riducendo tutti a dei semplici numeri. D-503, ad esempio, è solo uno dei matematici che si sta occupando della costruzione più importante dello Stato Unico, l’Integrale, una nave spaziale che servirà a far conoscere il governo totalitario oltre i confini del pianeta. Il suo scopo è quello di far arrivare l’Integrale ai nuovi popoli per permettere loro di trovare la felicità nei numeri e nell’organizzazione di ogni minimo evento della vita. Ma, scrivendo il suo diario che dovrebbe spiegare la sua esperienza a quei popoli, D-503 ci racconterà di come la sua vita cambia quando conosce una donna, I-330. La logica scientifica e il fervore nei confronti dello Stato Unico iniziano presto a vacillare e la donna, con la sua disinvoltura e il non rispetto delle leggi, lo fa “ammalare”, portandolo a riflettere su tutto ciò che lo circonda con conseguenze tragicamente fatali.
Noi di Evgenij Ivanovič Zamjatin è da considerarsi come il vero capostipite del genere della distopia, oltre che antesignano di Orwell e Huxley. Ispirato alle esperienze dell’autore stesso e ambientato in un mondo governato dalle leggi matematiche e dalla rinuncia del libero arbitrio, il romanzo è scritto sotto forma di appunti del protagonista D-503. Una voce che all’inizio può quasi dar del filo da torcere, perché poco poetica o non del tutto scorrevole, ma che con il proseguire della vicenda diventa parte integrante dell’evoluzione di D-503. La cosa che forse mi è piaciuta di più del libro è che, nonostante sia stato scritto nel 1920, siano presenti tematiche fortemente attuali: c’è l’ansia nei confronti del futuro, la religione, la scoperta dell’amore, la libertà, la standardizzazione, le differenze e il dubbio. Proprio per questo mi stupisco del fatto che il romanzo sia poco conosciuto e l’autore quasi dimenticato. Nel 2018 vale la pena leggere romanzi come questo per capire dove la nostra società potrebbe finire, cercando di prevenire quei mali che anche in passato ci hanno afflitti e facendo da monito per il futuro.
Come ho accennato per quanto riguarda lo stile D-503 è all’inizio un personaggio molto freddo, matematico, regolato da una logica che non può mettere da parte. È fiero del suo lavoro e crede che lo Stato Unico sia la realtà migliore in cui l’umanità può vivere. Tutto cambia con l’infatuazione per I-330, una donna misteriosa, indipendente, che spezza ogni certezza, mettendolo di fronte alla verità. Lo Stato Unico non è l’unico possibile, la libertà e il libero arbitrio sono importanti. Il loro rapporto “ammala” D-503, un male che non aveva mai provato prima e che gli annebbia la testa e lo rende irrazionale. E mano a mano il suo innamoramento cresce più rimane coinvolto negli affari del Mefi, il gruppo di resistenza di cui la donna fa parte.
La cosa più strana leggendo questo romanzo è quella di riscoprire elementi chiave della distopia, che all’epoca non era ancora davvero nata. Il governo autoritario che viene incarnato nella figura del Benefattore; le case fatte di vetro e materiali trasparenti per permettere agli altri di osservarci e non infrangere le regole; la mancanza di una vera identità con l’espropriazione dei nomi stessi; la logica matematica e legata al “massimo profitto” dietro ogni scelta dello Stato Unico. Tutte cose che chi conosce il genere ritrova spesso nelle società descritte. E, forse, le critiche di Zamjatin non solo verso l’URSS ma anche verso il consumismo e il taylorismo, viste certe prescrizioni dello Stato Unico.
Forse la vera cosa che non mi ha convinta è il finale aperto. Ma non perché sia sbagliato, anzi, credo che sia giustissimo per quanto riguarda la trama e gli sviluppi. Mi è dispiaciuto solo perché avrei voluto leggere di più, scoprire e approfondire. Sono arrivata alla fine sperando di leggere altre pagine, conoscere altri finali e invece Zamjatin ci sorprende ricalcando quella che è la realtà brutale dell’esistenza. A volte semplicemente c’è una fine e basta.
RIEPILOGANDO…
PRO
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CONTRO
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